Archivio Storico
Contesto gerarchico
Archivio Storico del Comune di Trento, Comune di Trento, Antico Regime
Atti processuali
"In causa comunis Meani et Montis Vacæ compromissa" (titolo originale, in prima di coperta)
Tipologia
volume
Estremi cronologici
17 giugno 1606 - 03 settembre 1607
Segnatura
Cause e processi, n. 10501
Consistenza
320 cc. fascicolo cucito in volume, cartulazione originale 1-283 a penna sul recto in alto a destra, assente sulle carte bianche interne e finali, numerazione di riferimento: 1-320 moderna a lapis; legatura in cartone; in prima di coperta il titolo e la notazione "Stephanus Dema notarius causæ rogatus una cum spectabili domino Gratiadeo Burato pariter notario" (mano del notaio Stefano Dema, attuario della commissione giudicante).
Descrizione
Il fascicolo processuale composto dai volumi n. 10501 (descritto in questa scheda) e n. 10502 (descritto nella scheda successiva) riguarda una causa mossa dalla comunità di Meano contro gli uomini di Montevaccino, Cognola e Villamontagna "litis consortes" con il comune di Trento (come proprietario di una porzione della zona contesa), avente come oggetto i diritti di possesso e utilizzo collettivo del territorio montano a bosco, prato e pascolo oggi intersecato dai confini fra gli attuali comuni catastali di Meano, Montevaccino e Villamontagna (in comune politico-amministrativo di Trento). Il contenzioso riguardava in particolare la demarcazione della linea confinaria corrente fra la località Dolàsi a nord, il Monte Corno al centro e i due versanti della Valcalda a sud, zone del settore occidentale dell'altipiano del Monte Calisio posto a nord est della città di Trento.
Il processo fu celebrato in prima istanza davanti ai giudici commissari "compromissarii" Pietro Alessandrini cancelliere e consigliere vescovile e Paolo Ceschi di Santa Croce giurisperito, in seconda istanza davanti a Giovanni Battista Busetti di Rallo consigliere e massaro vescovile di Trento; la comunità di Meano fu rappresentata di volta in volta dai sindaci pro tempore assistiti dal procuratore di parte dottor Gerolamo Graziadei; Montevaccino fu rappresentata da Leonardo Dal Monte cittadino di Trento assistito dal procuratore di parte dottor Manfredo Alberti; per il comune di Trento intervennero di volta in volta i singoli consoli deputati.
L'unità n. 10501 descritta in questa scheda contiene gli atti processuali di prima istanza, la registrazione delle deposizioni testimoniali, i memoriali di posizione di parte e le risposte di controparte. In questa scheda si riportano alcuni passaggi di particolare interesse estratti dalle deposizioni testimoniali rese davanti ai giudici Alessandrini e Ceschi: in esse sono riportati molti elementi geografici descrittivi del territorio oggetto della lite, alcuni di essi riferibili al paesaggio artificiale creato dalla locale attività mineraria di estrazione della galena argentifera, cessata pochi decenni prima (terzo quarto del XVI secolo). Infatti la linea di confine oggetto del contendere intercettava in pieno l'areale delle coltivazioni minerarie argentifere massicciamente aperte, ex novo o antiche e riattivate, a partire da metà Quattrocento sino a poco oltre metà Cinquecento nel settore sudoccidentale dell'altipiano del Monte Calisio (versanti ovest e sud del Monte della Gallina, l'intero Monte Corno e gran parte della zona montana sopra Vigo Meano, Gardolo di Mezzo, Gardolo di Sopra e Montevaccino); i giacimenti argentiferi del settore orientale dell'altipiano, insistenti sui territori degli attuali comuni di Civezzano e Fornace, furono interessati marginalmente da quelle attività di fine medioevo - prima età moderna, essendo stati ampiamente esplorati e sfruttati già nel corso dei secoli XII-XIII.
Un punto particolarmente dibattuto nella controversia, sul quale i testimoni furono chiamati a deporre, riguardava la posizione di alcune sorgenti citate in diversi documenti dei secoli XIV-XVI, e utilizzate spesso come elementi geografici di riferimento in diverse occasioni, compresa la causa qui in esame: "fons Mularum / fontana dalle Mule" (verso Civezzano), "fons Montis Vaccæ / fontana dal Monte della Vaca" (verso Montevaccino), "fons de Staivan" (verso Montevaccino), "fontana delle Val delle Casare" (defluente verso il torrente Avisio):
- Antonio fu Giovanni Pisetta da Albiano, età 50 anni circa, dichiarò che per sua conoscenza diretta e per memoria lasciatagli da suo padre defunto la sorgente sgorgante al piede del Monte della Gallina (versante nordovest) "è la dritta fontana della Val delle Casare, la qual mai non s'assiuga", ed escluse che essa si denominasse "fontana del Monte della Vaccha" (Trento, 2 luglio 1607, cc. 125r-126r).
- Lo confermò Giorgio fu Antonio Cipriani degli Odorizzi da Albiano, età 50 anni circa, per sua conoscenza diretta poiché "al tempo del suspetto (di pestilenza; ndt) che fu ultimamente stava a Cortesan con li Stephani per famei" e perciò frequentò spesso quel luogo (Trento, 2 luglio 1607, cc. 126r-127r).
- Lo confermò Odorico di Cristano Pisetta da Albiano, età 50 anni circa, per sua conoscenza diretta; non sapeva alcunché a proposito delle altre sorgenti, mentre conosceva perfettamente quella delle Casare: delle altre "non ne so rendere conto perché non ho mai visto altre fontane che quella grande che nasse al pè della Gallina, la quale dalli miei antenati et altri vechii sempre l'ho sentita nominare fontana dell' Val della Casara; et passando con li chari per andar a Lavìs per la strada vicina a detta fontana, adimandand' io che fontana s'adimanda questa, mi dicevan la fontana della Casara" (Trento, 2 luglio 1607, cc. 127v-128v).
- Cristano "de Elzis" da Madrano, età 60 anni circa, trentasei anni fa fu per quattro anni pastore delle pecore sul Montevaccino al servizio di Nicolò Merler, e quindi praticò per lungo tempo il territorio oggetto della controversia "a pascolar con le pegore del detto mio padron et vi ho ancho boschezatto sive fatto delle fassine et palli" così come facevano molti altri di Montevaccino; dichiarò che in quella zona vi erano anche prati e campi privati coltivati da uomini di Cortesano, e che "la Costa del can si dice quella et intendo quella che va costezando da quel campo lavoratto sin' alla fontana de quelli dal Monte della Vacha et da quella a quella dalle Mule, la qual fontana dal Mont della Vacha è sotto a una busa che si nomina la Busa biavetta" (Trento, 28 aprile 1607, cc. 138v-142v)
- Altri testimoni riferirono della stessa sorgente del Monte della Vacca, "sopra la quale vi è una busa chiamata la Busa biaveta non molto lontana da essa fontana" (c. 147v)(*).
- Secondo le deposizioni di alcuni testimoni per parte di Montevaccino, la sorgente denominata "dal Monte della Vacha" si trovava al piede del Monte della Gallina vicino e sopra la sorgente delle Casare: affermazioni errate, contraddette da quasi tutti i testimoni di controparte, smentite peraltro dall'evidente sua stessa denominazione e soprattutto dal tenore delle sentenze di prima e seconda istanza, alle quali si accenna nella scheda successiva.
- Battista Cinigati da Vezzano, trent'anni fa lavorò a Cortesano al servizio di Giovanni Zaiotti ("Zuan Zaioto"); affermò che la sorgente presso la quale in quel momento si trovavano per un sopralluogo la commissione giudicante e i testimoni chiamati a deporre, sgorgante al piede del Monte della Gallina, era da tutti denominata "la fontana della Chasara", il monte che stava sopra si denominava "il monte della Gallina", la valle che scendeva a nord verso l'Avisio era la "val della Chasara", verso mezzogiorno si andava alla località detta "Valleselle et da l'altra banda il gazo"; affermò inoltre che la "fontana dal Monte della Vacha" era in effetti "quella che serve alle case del Monte della Vacha", perciò diversa da quella delle Casare trovandosi distante circa due miglia distante da questa (15 maggio 1607, sul luogo del contenzioso "apud fontem scaturientem in satis magna copia subtus montem dictum della Gallina", denominata "la fontana delle Chasare" da quelli di Meano, "la fontana dalle Vache" da quelli di Montevaccino, davanti ai giudici commissari e del notaio Dema attuario, cc. 181r-182r).
- Francesco dal'Agnola dalla pieve di Meano abitante a Lavìs, famiglio a Montevaccino quarantacinque anni fa al servizio di Nicolò Merler, confermò che la sorgente in esame si denominava "la fontana della Chasara" e aggiunse: "ho visto a mio racordo una chasara sotto a questa fontana dove si vede ancho le vestigie delli muri" (15 maggio 1607, stesso luogo, c. 183r-v).
- Giacomo fu Simone Pilati dai masi di Gardolo di Sopra abitante a Trento confermò che la sorgente in esame si chiamava "la fontana della Val Chasara (...) la quale discorre per la valle della Chasara, dove non molto lontano ho visto delle casare a servirse de essa fontana conducendola a esse chasare, et l'ultimo anno so che vi fu per chasaro Salvador Seraphino qual' era padrone de essa chasara come perhò affitalino del comun (di Meano; ndt), o sia maggiore de essa malga" (15 maggio 1607, stesso luogo, cc. 185v-186v).
- Altri testimoni confermarono il dato di posizione geografica della sorgente superiore delle Casare; precisarono che solo questa, copiosa e sgorgante anche in inverno, vista la sua portata, poteva servire al bestiame pascolante e soddisfare le necessità di approvvigionamento della "casara" un tempo edificata e attiva nei pressi della sorgente; dichiararono che sotto questa, maggiore, ne sgorgavano altre due più piccole e meno copiose, anch'esse defluenti dal Monte della Gallina nella Valle della Casara e quindi verso l'Avisio, che in tempo di siccità si prosciugavano.
- Matteo dei Leveghi da Sopramonte,abitante a Piazzina di Martignano, fu ventisei anni fa "masador" a Cortesano per conto dei signori Guarinoni; confermò la posizione della sorgente delle Casare e affermò che "vi è apresso una chasara cioè le vestigie, et io mi racordo che (quelli di Meano; ndt) vi facevano del formai osia casararia" (Trento, 2 giugno 1607, cc. 264v-266v).

Sottoscrizioni di Stefano Dema, Graziadeo Buratti, Giuseppe Endrigi e Bartolomeo Beltrami notai del Collegio notarile di Trento, attuari del processo e/o estensori della documentazione allegata

Originale
Lingua: italiano, latino
Strumenti di ricerca
Repertorio cartaceo e informatizzato del fondo archivistico, presso l'Archivio Storico del Comune di Trento.
Note
(*) Una prima ipotesi di localizzazione di questa "Busa biaveta" (nel probabile significato di ‘azzurrina', ovvero con riflessi interni tendenti all'azzurro chiaro) porterebbe a identificare quella "busa" con la celebre "Canopa delle Sette Colonne" (nome ufficiale moderno), galleria mineraria storica, raggiungibile per strada forestale da un quadrivio (segnalazione) posto sulla strada forestale che porta da Montevaccino al Lago di Santa Colomba.
Persone
Alessandrini, Pietro (segretario latino della cancelleria vescovile di Trento)
Ceschi di Santa Croce, Paolo
Busetti, Giovanni Battista (massaro, consigliere vescovile in Trento)